Navigare l'Incertezza: Perché Controllo di Gestione e Pianificazione Sono Cruciali per Imprenditori e CEO nel 2025-2026
- sandratoalaobj
- 15 ago
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L'Urgenza di Agire nell'Attuale Contesto Economico
Il panorama economico globale ed europeo per la fine del 2025 e l'inizio del 2026 si preannuncia caratterizzato da una crescita modesta, una persistente incertezza e un'interazione complessa tra pressioni disinflazionistiche, tensioni commerciali e politiche monetarie in evoluzione. Non si tratta di un periodo di espansione robusta, ma piuttosto di una fase che richiederà una navigazione attenta e strategica. Per le imprese italiane, questo si traduce in uno scenario in cui i venti a favore esterni saranno limitati, rendendo la resilienza interna e la lungimiranza strategica di importanza capitale. I dati disponibili delineano un quadro di un'economia che, pur evitando una recessione, sperimenterà periodi di stagnazione e affronterà significative sfide, in particolare dal commercio internazionale.
In un ambiente così delineato, attendere segnali più chiari o reagire agli eventi si configura come una ricetta per la vulnerabilità. Un controllo di gestione proattivo e una pianificazione meticolosa non sono semplicemente buone pratiche, ma strumenti essenziali per la sopravvivenza e lo sviluppo. Essi consentono alle imprese di anticipare le sfide, ottimizzare l'allocazione delle risorse e identificare opportunità nascenti anche in un contesto di crescita attenuata. Il presente articolo si propone di tradurre complesse previsioni macroeconomiche in osservazioni concrete e attuabili, fornendo agli imprenditori e ai CEO gli strumenti per rafforzare le proprie organizzazioni dall'interno.
Scenario Economico 2025-2026

Crescita del PIL e Domanda Interna: Il Motore Fragile dell'Economia
Le proiezioni economiche per l'Italia indicano una crescita del Prodotto Interno Lordo (PIL) contenuta, attestandosi intorno a un modesto +0,6% nel 2025 e un leggero miglioramento a +0,8% nel 2026. Questo segue un incremento annuo del +0,7% registrato nei due anni precedenti, suggerendo una fase di rallentamento generale dell'espansione economica. Anche per l'Eurozona e l'intera Unione Europea, la crescita rimarrà debole nel 2025, stimata intorno a +0,9% per l'area euro e +1,1% per l'UE. Tali previsioni sono state riviste al ribasso rispetto alle stime precedenti, principalmente a causa dell'impatto delle nuove tariffe commerciali statunitensi e della maggiore incertezza globale emersa nei primi mesi del 2025. Per il 2026, si attende un recupero moderato, con il PIL dell'Eurozona stimato in crescita di circa +1,4% (UE circa +1,5%).
In questo contesto, la domanda interna è destinata a fungere da motore primario dell'economia nazionale. Si prevede che i consumi e gli investimenti interni italiani contribuiranno positivamente al PIL per circa +0,8 punti percentuali nel 2025 e +0,9 nel 2026. Tuttavia, questa dipendenza dalla domanda interna evidenzia una potenziale vulnerabilità. Il contributo della domanda estera netta è infatti previsto in territorio negativo, con -0,2 punti percentuali nel 2025 e -0,1 nel 2026, indicando che le esportazioni nette freneranno leggermente la crescita complessiva. Questa dinamica suggerisce che, qualora i consumi o gli investimenti domestici dovessero subire un rallentamento inatteso, l'economia italiana mancherebbe di un robusto cuscinetto esterno per sostenere la crescita.
Le imprese che operano prevalentemente sui mercati di esportazione, in particolare quelli con una significativa esposizione agli Stati Uniti, si trovano dunque a fronteggiare venti contrari diretti, mentre quelle orientate al mercato interno potrebbero trovare una certa stabilità, sebbene la crescita complessiva rimarrà limitata dall'espansione modesta della domanda domestica.
La debolezza della domanda estera non è un mero dato congiunturale, ma un segnale di un cambiamento strutturale nel commercio globale. La revisione al ribasso delle previsioni per l'Eurozona è esplicitamente attribuita all'impatto delle nuove tariffe commerciali statunitensi e all'accresciuta incertezza globale. Questo non è un semplice rallentamento ciclico, ma un cambiamento guidato da politiche che impongono nuove e persistenti condizioni al commercio internazionale. Di conseguenza, le aziende non possono presumere un ritorno alle condizioni commerciali pre-tariffarie. Il "freno" sulla domanda estera è una sfida strutturale che richiede aggiustamenti strategici a lungo termine, come la rivalutazione delle catene di approvvigionamento, la diversificazione dei mercati e, potenzialmente, persino il reshoring o il nearshoring della produzione per mitigare gli impatti tariffari.
Si prevede inoltre che l'economia italiana attraverserà una fase di sostanziale stagnazione nella seconda metà del 2025, prima di una leggera accelerazione nel 2026, trainata dagli investimenti pubblici dell'ultima fase del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). La stagnazione implica una crescita contenuta, una competizione più intensa e opportunità di ricavo limitate. Il beneficio derivante dal PNRR nel 2026 è un vantaggio futuro, non immediato. Questo periodo di stagnazione nella seconda metà del 2025 rappresenta quindi una finestra critica per le imprese per implementare misure di efficienza interna, controlli dei costi e una pianificazione strategica. È un periodo in cui l'ottimizzazione interna determinerà chi riuscirà a resistere e chi prospererà quando l'accelerazione dovuta al PNRR si manifesterà. Le aziende devono sfruttare questo lasso di tempo per prepararsi a un 2026 potenzialmente più competitivo.
Dinamiche del Mercato del Lavoro e Consumi: Supporto con Nuove Pressioni

Il mercato del lavoro in Italia e in Europa si mantiene relativamente solido, pur mostrando segnali di rallentamento nella creazione di nuovi posti. In Italia, l'occupazione (misurata in unità di lavoro equivalenti a tempo pieno) è prevista in aumento dell'1,1% nel 2025 e dell'1,2% nel 2026, un ritmo superiore a quello del PIL. Il tasso di disoccupazione è atteso in ulteriore calo, intorno al 6,0% nel 2025 (dal 6,5% del 2024) e al 5,8% nel 2026. La crescita dei salari si mantiene vigorosa nel 2025, contribuendo a recuperare parzialmente il potere d'acquisto eroso dall'inflazione precedente. Tuttavia, si prevede che le pressioni salariali si modereranno in futuro, in linea con il calo dell'inflazione e per salvaguardare la competitività delle imprese in un contesto di commercio internazionale più difficile.
I consumi privati in Italia dovrebbero continuare a crescere a un ritmo moderato ma costante (+0,7% annuo) sia nel 2025 che nel 2026. La spesa delle famiglie è sostenuta dal miglioramento di salari e occupazione, che accrescono il reddito disponibile reale. Tuttavia, è anche frenata da una maggiore propensione al risparmio prudenziale. Anche con un reddito disponibile maggiore, l'incertezza spinge le famiglie a risparmiare di più, limitando la crescita dei consumi. Questa "propensione al risparmio prudenziale" agisce come un indicatore della fiducia dei consumatori e pone un limite alla spesa discrezionale. Le imprese che si rivolgono ai consumatori non possono quindi fare affidamento esclusivamente sulla crescita del reddito per stimolare le vendite. Le strategie di marketing e vendita devono considerare la cautela dei consumatori, magari enfatizzando il valore, la stabilità o la natura essenziale di beni e servizi, piuttosto che puntare sulla spesa voluttuaria. Questo suggerisce anche che le aziende stesse debbano gestire i propri flussi di cassa con prudenza, poiché la spesa dei consumatori potrebbe non fornire l'impulso atteso.
La dualità dei costi del lavoro rappresenta una sfida significativa per le imprese. Se da un lato i salari reali in ripresa sostengono il reddito delle famiglie e, di conseguenza, i consumi, dall'altro comportano costi del personale in aumento moderato per le imprese. Questa tensione diretta richiede che i CEO implementino strategie robuste di gestione delle risorse umane e di controllo dei costi per bilanciare la necessità di offrire salari competitivi (per attrarre e trattenere talenti) con l'esigenza di mantenere la redditività in un ambiente di bassa crescita. Ciò potrebbe includere investimenti in automazione, ottimizzazione dell'efficienza della forza lavoro o una rivalutazione delle strutture retributive.
Investimenti: Tra PNRR e Cautela del Credito
Gli investimenti mostrano andamenti differenziati. In Italia, dopo un 2024 fiacco (+0,5%), gli investimenti fissi lordi dovrebbero accelerare di circa +1,2% nel 2025, beneficiando di un ottimo primo trimestre, ma sono attesi ristagnare nella seconda parte dell'anno.
La debolezza degli investimenti nel secondo semestre del 2025 è legata a una capacità produttiva ancora bassa in alcuni settori e a condizioni del credito ancora rigide, che inducono molte aziende a rinviare o limitare i progetti di espansione. Nel 2026, gli investimenti italiani potrebbero riaccelerare leggermente (~+1,7%), anche grazie all'ultima tranche di progetti infrastrutturali del PNRR e a costi di finanziamento in graduale calo.
In Europa, dopo una contrazione nel 2024, si prevede una ripresa modesta degli investimenti nel 2025 (+1,5% nell'UE) seguita da un'accelerazione più netta nel 2026 (+2,4%). Tuttavia, questo rimbalzo risulterà molto meno pronunciato del previsto a causa di vari fattori: l'utilizzo degli impianti ancora sotto tono, l'incertezza elevata (che spinge le imprese ad attendere tempi migliori) e condizioni finanziarie non del tutto distese. Gli investimenti in macchinari e attrezzature, in particolare, saranno quasi fermi nel 2025, per riprendersi solo leggermente nel 2026, essendo i più colpiti dall'incertezza commerciale e dai costi di finanziamento precedentemente elevati.
Il PNRR emerge come un'ancora di salvezza per specifici settori, ma non come una panacea, e la sua natura è temporanea. Il Piano è esplicitamente citato come motore per gli investimenti nel 2026, in particolare per l'ultima tranche di progetti infrastrutturali. Tuttavia, il testo rileva anche un "ristagno nella seconda parte dell’anno" per il 2025 e un "rimbalzo molto meno pronunciato del previsto" per l'Europa. Il PNRR è uno stimolo specifico e a tempo determinato. Le imprese non dovrebbero considerarlo una soluzione permanente o una garanzia di crescita sostenuta. Sebbene offra opportunità in settori specifici (ad esempio, infrastrutture, transizione digitale), le aziende devono sviluppare strategie di investimento sostenibili oltre il ciclo di vita del PNRR, concentrandosi sulla crescita organica, l'innovazione e la domanda di mercato piuttosto che fare affidamento esclusivamente sui finanziamenti pubblici.
Si osserva un paradosso negli investimenti: la potenziale disponibilità di capitale si scontra con la cautela aziendale. Nonostante i "costi di finanziamento in graduale calo" previsti per il 2026, che suggeriscono un capitale potenzialmente più economico, gli investimenti sono "attesi ristagnare" a causa della "capacità produttiva utilizzata ancora bassa" e dell'"incertezza elevata (che spinge le imprese ad attendere tempi migliori)". Anche con tassi di interesse potenzialmente più bassi, le imprese esitano a investire a causa dell'eccesso di capacità e della pervasiva incertezza. Questa situazione evidenzia una crisi di fiducia. I CEO devono condurre rigorose analisi interne sull'utilizzo della capacità e sulle previsioni di domanda prima di impegnarsi in spese in conto capitale. La pianificazione strategica deve concentrarsi sull'identificazione di investimenti veramente essenziali e ad alto ritorno sull'investimento, capaci di resistere alle fluttuazioni di mercato, piuttosto che su un'espansione generalizzata.
Inflazione in Calo e Tassi di Interesse: Opportunità e Sfide Nascoste
Sul fronte dei prezzi, la dinamica inflazionistica sta rallentando in modo significativo, delineando uno scenario molto diverso rispetto agli anni precedenti. Nel corso del 2025, l'inflazione dovrebbe scendere gradualmente verso l'obiettivo del 2% per poi posizionarsi al di sotto di esso nel 2026. Nell'area euro, dopo una media del 2,4% nel 2024, l'inflazione è prevista al 2,1% nel 2025 e dovrebbe rientrare nei ranghi del target BCE intorno a metà del 2025, proseguendo poi fino a una media di circa 1,7% nel 2026. In Italia, analogamente, dopo un rialzo dei prezzi tra fine 2024 e inizio 2025, l'inflazione si manterrà su un trend più moderato, stimata intorno a +1,8% nel 2025 e in ulteriore calo a +1,6% nel 2026 (misurata dal deflatore dei consumi). Questo rallentamento dell'inflazione è favorito da diversi fattori, tra cui il calo dei prezzi energetici, il rafforzamento dell'euro che rende meno costose le materie prime e i beni importati, e il raffreddamento della domanda dovuto al contesto di incertezza. Il prezzo del petrolio Brent, ad esempio, è sceso a circa 60 dollari al barile a metà 2025, e anche il gas naturale in Europa ha segnato riduzioni simili. La diminuzione dei costi energetici si traduce in bollette più leggere per imprese e famiglie, contribuendo a frenare l'inflazione nei mesi finali del 2025.
L'inflazione in calo ha permesso un cambiamento di rotta nella politica monetaria. Dopo i forti rialzi dei tassi operati dalla Banca Centrale Europea (BCE) tra il 2022 e il 2023, la BCE ha adottato un approccio più accomodante. Nei primi mesi del 2025, la BCE ha tagliato nuovamente i tassi: con due riduzioni tra gennaio e marzo per complessivi 50 punti base, il tasso sui depositi è stato portato al 2,5%. Questi tagli vengono progressivamente trasmessi al costo del denaro, con i tassi sui finanziamenti bancari in diminuzione nell'ultimo trimestre del 2025 e inizio 2026.
Tuttavia, è fondamentale sottolineare che le condizioni monetarie rimangono restrittive in termini reali. Sebbene i tassi siano diminuiti, sono ancora elevati in rapporto all'inflazione in calo. Questo significa che il costo reale del prestito (tasso nominale meno inflazione) potrebbe rimanere elevato o addirittura aumentare se l'inflazione diminuisce più rapidamente. Gli imprenditori non dovrebbero lasciarsi illudere da un falso senso di sicurezza derivante dai tagli dei tassi nominali. Il costo reale del capitale rimane un fattore significativo, e l'accesso al credito per le PMI è ancora limitato. Ciò rafforza la necessità di una gestione robusta dei flussi di cassa, di finanziamenti interni e dell'esplorazione di fonti di finanziamento alternative ai tradizionali prestiti bancari.
Il credito bancario rimane difficile da ottenere per molte PMI, con una crescita dei prestiti debole e, in particolare, i prestiti alle imprese in calo su base annua, specialmente per le aziende di minore dimensione. Ciò riflette sia una domanda debole di credito (molte imprese preferiscono rinviare investimenti o utilizzare liquidità propria) sia una certa cautela delle banche nell'erogare finanziamenti in un contesto incerto. Le PMI si trovano di fronte a un "dilemma del credito": sono riluttanti a indebitarsi a causa dell'incertezza, e le banche sono caute nel concedere prestiti a causa del rischio percepito. Questa stretta creditizia, in particolare per le aziende più piccole, limiterà la crescita e gli investimenti. Le imprese devono concentrarsi sul rafforzamento dei propri bilanci, sul miglioramento della propria affidabilità creditizia e sullo sviluppo di business case convincenti per ottenere finanziamenti e superare la cautela delle banche. Questo sottolinea anche la necessità di una gestione precisa della liquidità.
La disinflazione offre un'opportunità per i margini, ma al contempo esercita pressione sui prezzi di vendita.
Commercio Estero e l'Ombra dei Dazi: Un Vento Contrario Persistente
Un fattore cruciale che inciderà sulle prospettive per la fine del 2025 e l'inizio del 2026 è l'andamento del commercio internazionale e le recenti tensioni tariffarie. Nell'aprile 2025, gli Stati Uniti hanno introdotto nuovi dazi generalizzati: inizialmente era stato annunciato un forte aumento delle tariffe sulle importazioni da quasi tutti i partner commerciali, destabilizzando i mercati. Successivamente, tali misure sono state parzialmente sospese, con l'entrata in vigore di una tariffa ridotta al 10% su quasi tutte le importazioni verso gli USA (applicata temporaneamente per 3 mesi), eccetto per alcuni settori chiave come acciaio, alluminio e automobili, colpiti da dazi più alti al 25%. Le tensioni commerciali USA-Cina sono sfociate in un aspro confronto tariffario incrociato, sebbene una parziale distensione sia arrivata a metà maggio 2025 con un accordo che ha ridotto le tariffe estreme.
Per l'Unione Europea, lo scenario di previsione assume che gli USA mantengano un dazio generalizzato del 10% sulle importazioni dall'UE e che non vi siano, per ora, tariffe di ritorsione da parte europea. Nonostante questa ipotesi "moderata", l'impatto sul commercio internazionale è significativo: molte imprese esportatrici europee vedono i propri beni diventare meno competitivi sul mercato americano, e il clima di incertezza frena nuovi ordini e investimenti collegati all'export. L'export europeo è previsto crescere di appena ~0,7% nel 2025, ben al di sotto delle attese precedenti. Anche nel 2026 la ripresa sarà parziale (+2,1% export UE, contro stime pre-tariffe ben superiori).
Per l'Italia, che pure esporta molto verso gli USA in alcuni settori (macchinari, moda, agroalimentare, ecc.), si stima un effetto negativo simile: la domanda estera netta ridurrà la crescita del PIL italiano di qualche decimale di punto sia nel 2025 che nel 2026. La Banca d'Italia sottolinea che la crescita italiana del 2025 "sarà zavorrata dalla debolezza della domanda estera a causa dei dazi". Questa "zavorra" dei dazi è un fattore strutturale, non congiunturale. Una "zavorra" è un peso persistente, non una folata di vento temporanea. I dazi sono una decisione politica, che implica un cambiamento a lungo termine nelle dinamiche commerciali. Le imprese non possono semplicemente aspettare che le tariffe scompaiano. Ciò implica la necessità di una rivalutazione fondamentale delle strategie di esportazione, inclusa la diversificazione dei mercati, la rivalutazione della proposta di valore e la riconfigurazione della catena di approvvigionamento.
Un fattore di mitigazione è il rafforzamento dell'euro sul dollaro verificatosi ad aprile 2025, che ha reso meno costose le importazioni europee, migliorando le ragioni di scambio. Tuttavia, il rafforzamento dell'euro è un'arma a doppio taglio per l'export. Sebbene un euro più forte aiuti con i costi di importazione (ad esempio, materie prime, energia), penalizza simultaneamente la competitività di prezzo delle esportazioni italiane nei mercati non-Eurozona, aggravando la sfida posta dai dazi. Le imprese devono condurre analisi dettagliate del rischio valutario e considerare strategie di copertura. Questo rafforza anche la necessità di efficienza dei costi per compensare l'impatto negativo sulla competitività dei prezzi.
Un'altra osservazione importante è la resilienza intrinseca delle imprese italiane di qualità, che può essere monetizzata come vantaggio competitivo. Le aziende italiane presenti sul mercato USA, in particolare, godono in molti casi di buona qualità di prodotto e margini di profitto tali da poter reggere in parte il colpo di dazi moderati nel breve termine. Questa forza intrinseca è un asset cruciale. le Imprese dovrebbero sfruttarla concentrandosi sui segmenti premium, rafforzando il valore del marchio e investendo in ricerca e sviluppo per mantenere la superiorità del prodotto. Ciò consente loro di assorbire parte dei costi tariffari senza perdere immediatamente quote di mercato, guadagnando tempo per gli aggiustamenti strategici.
Mercati Finanziari e Materie Prime: Volatilità e Opportunità nei Costi
Gli sviluppi macroeconomici descritti si riflettono anche nell'andamento dei mercati finanziari e dei prezzi delle materie prime. L'annuncio improvviso dei dazi USA ad aprile 2025 ha avuto un impatto immediato fortemente negativo sulle Borse e sui mercati finanziari internazionali, con brusche perdite dei listini azionari e un aumento della volatilità. Gli investitori si sono spostati verso beni rifugio, e, in modo significativo, il dollaro si è indebolito invece di rafforzarsi, deprezzandosi rispetto a tutte le principali valute, segno di un calo di fiducia specifico verso gli USA. Di riflesso, l'euro si è apprezzato sul dollaro. Questa dinamica sul mercato dei cambi ha contribuito a calmierare l'inflazione importata in Europa, ma ha anche implicazioni per le aziende esportatrici.
La "perdita di fiducia specifica verso gli USA" è un segnale di una potenziale de-dollarizzazione e di un riequilibrio geopolitico. Questo comportamento insolito del dollaro in un momento di turbolenza suggerisce un cambiamento più profondo, potenzialmente strutturale, nella fiducia finanziaria globale, allontanandosi dal dominio incontrastato del dollaro. Sebbene sia rilevante per la copertura valutaria immediata, questa tendenza più ampia implica un sistema finanziario globale più multipolare. Le imprese impegnate nel commercio internazionale o nel finanziamento dovrebbero monitorare questo cambiamento, considerando potenzialmente la diversificazione delle esposizioni valutarie e l'esplorazione di meccanismi di pagamento o opzioni di finanziamento del commercio meno incentrati sul dollaro. Segnala anche un aumento del rischio geopolitico nelle decisioni di investimento.
Dopo la parziale retromarcia americana sui dazi, i mercati finanziari hanno recuperato parte delle perdite, ma un'atmosfera di elevata incertezza persiste, con gli investitori cauti e pronti a reagire a nuove escalation. Ci si possono attendere mercati azionari volatili, influenzati da notizie geopolitiche e dati economici, il che implica per le imprese una maggiore difficoltà nel pianificare, potenziali impatti sulle condizioni di finanziamento (lo spread sui titoli corporate potrebbe allargarsi) e valutazioni azionarie più incerte. La volatilità dei mercati finanziari è un sintomo di incertezza sistemica che richiede agilità organizzativa. Le imprese devono costruire agilità organizzativa, il che significa disporre di modelli operativi flessibili, catene di approvvigionamento adattabili e una forza lavoro in grado di cambiare rapidamente direzione. I tradizionali cicli di pianificazione annuale rigidi sono insufficienti; il monitoraggio continuo e meccanismi di risposta rapida sono essenziali per navigare in questo ambiente imprevedibile.
Sul mercato delle materie prime, la tendenza è di raffreddamento dei prezzi. Il rallentamento della domanda globale, unito a un aumento dell'offerta, ha fatto scendere i prezzi energetici rispetto ai picchi del 2022-23. Il prezzo del petrolio si è stabilizzato su livelli moderati (~60-70 $/barile nell'autunno 2025), ben lontani dai valori visti durante la crisi energetica. Anche il gas naturale in Europa ha continuato a diminuire di prezzo. Queste condizioni favorevoli dovrebbero mantenersi, traducendosi in bollette energetiche più basse per l'industria (riducendo i costi di produzione, trasporto e logistica) e margini meno compressi.
Questa opportunità di costi energetici più bassi si contrappone alla pressione sui prezzi di vendita. Sebbene i costi energetici e delle materie prime più bassi offrano un gradito sollievo alle spese operative, l'ambiente di mercato impone che questi risparmi siano parzialmente trasferiti ai consumatori (o utilizzati per mantenere prezzi competitivi) per stimolare la domanda. Ciò rafforza la necessità di una contabilità dei costi sofisticata e di strategie di prezzo flessibili, enfatizzando i guadagni di efficienza piuttosto che fare affidamento sugli aumenti di prezzo.
Implicazioni Strategiche per Imprenditori e CEO: Il Ruolo Ineludibile del Controllo di Gestione e della Pianificazione

La complessa interazione delle dinamiche macroeconomiche descritte impone agli imprenditori e ai CEO una riflessione profonda sulle proprie strategie operative e finanziarie. Il controllo di gestione e una pianificazione lungimirante emergono come pilastri fondamentali per la resilienza e la competitività aziendale.
Sintesi degli Impatti Economici e Aree di Focus per la Gestione Aziendale
Tendenza Macroeconomica | Implicazione Diretta per l'Azienda | Area Chiave per Controllo di Gestione e Pianificazione |
Crescita PIL Modesta | Crescita ricavi limitata, competizione intensa | Ottimizzazione costi ed efficienza operativa |
Domanda Estera Netta Negativa | Sfide per le esportazioni, mercati esteri meno redditizi | Diversificazione mercati, revisione catene di valore |
Credito Difficile per PMI | Accesso al capitale ristretto, costi di finanziamento elevati | Pianificazione finanziaria rigorosa, gestione liquidità |
Costi Salariali in Aumento Moderato | Pressione sui costi operativi, necessità di produttività | Gestione capitale umano, investimenti in formazione |
Mercati Finanziari Volatili | Incertezza nella pianificazione, valutazioni aziendali instabili | Gestione del rischio, scenario planning, agilità organizzativa |
Prezzi Materie Prime in Calo | Opportunità di riduzione costi, ma pressione sui prezzi di vendita | Controllo costi, strategie di pricing flessibili |
Gestione dei Costi e Ottimizzazione dell'Efficienza: Imperativi in un Mercato Stagnante
Con l'inflazione in calo e la domanda debole che limitano la capacità di aumentare i prezzi di vendita, la protezione dei margini dipenderà direttamente dall'efficienza operativa. Il calo dei prezzi delle materie prime e dell'energia offre un'opportunità di riduzione dei costi, ma la concorrenza sul prezzo sarà intensa. In un ambiente a bassa inflazione e domanda debole, l'efficienza emerge come la nuova leva di crescita. Quando il potere di fissazione dei prezzi è limitato e le aziende sono costrette a competere sul prezzo in un mercato stagnante, l'unico modo per aumentare i profitti è ridurre i costi o aumentare il volume attraverso prezzi competitivi. I prezzi più bassi delle materie prime offrono una finestra per la riduzione dei costi.
Le azioni chiave in questo ambito includono:
Analisi approfondita dei costi variabili e fissi: È essenziale implementare sistemi di controllo di gestione che forniscano una visibilità granulare su ogni voce di costo, identificando le aree di spreco o inefficienza.
Ottimizzazione dei processi operativi: Investire in tecnologie e metodologie (come il lean management o l'automazione) che riducano i tempi di produzione, minimizzino gli scarti e migliorino la produttività senza compromettere la qualità.
Rinegoziazione con i fornitori: Sfruttare il calo dei prezzi delle materie prime e l'attenuazione delle pressioni inflazionistiche per rinegoziare i contratti e ottenere condizioni più vantaggiose.
Gestione strategica delle scorte: Con prezzi di rimpiazzo più prevedibili, è opportuno ottimizzare i livelli di scorta per ridurre i costi di magazzino e il rischio di obsolescenza, mantenendo al contempo la flessibilità necessaria per rispondere alla domanda.
Pianificazione Finanziaria e Accesso al Credito: Navigare un Ambiente Complesso
Nonostante i tagli dei tassi della BCE, le condizioni monetarie rimangono restrittive in termini reali e l'accesso al credito bancario continua a essere difficile per molte PMI, con una crescita dei prestiti debole e una cautela generale delle banche. In un contesto di incertezza creditizia, la liquidità assume il ruolo di un "bene rifugio" aziendale. La difficoltà nell'ottenere credito bancario e la preferenza di molte imprese di utilizzare la propria liquidità per rinviare investimenti indicano una cautela sistemica. Mantenere una solida posizione di cassa e una robusta liquidità diventa quindi un asset strategico, fornendo resilienza contro shock inattesi, riducendo la dipendenza da finanziamenti esterni (che sono scarsi) e offrendo flessibilità per cogliere opportunità quando si presentano.
Le azioni chiave includono:
Rafforzamento della liquidità e del capitale proprio: È prioritario generare cassa interna e gestire con prudenza il capitale circolante. L'autofinanziamento dovrebbe essere considerato per gli investimenti a breve termine.
Pianificazione finanziaria proattiva: Sviluppare scenari di cash flow dettagliati, includendo stress test per anticipare potenziali strette di liquidità.
Diversificazione delle fonti di finanziamento: Esplorare alternative al credito bancario tradizionale, come il crowdfunding, il private equity, i minibond o i programmi di garanzia pubblici, per ridurre la dipendenza dalle banche.
Miglioramento dell'affidabilità creditizia: Lavorare attivamente per migliorare il rating aziendale, la trasparenza finanziaria e la solidità del bilancio per presentarsi come un soggetto più affidabile a banche e investitori.
Diversificazione dei Mercati e Resilienza all'Export: Oltre i Dazi
L'impatto dei dazi USA e l'incertezza globale stanno frenando la domanda estera, rendendo i beni europei meno competitivi sul mercato americano. Il rafforzamento dell'euro complica ulteriormente la competitività di prezzo extra-UE. La qualità e i margini delle imprese italiane costituiscono una base solida per una strategia di export resiliente. Il fatto che le aziende italiane sul mercato USA godano spesso di buona qualità di prodotto e margini di profitto che consentono di reggere l'impatto di dazi moderati nel breve termine è una forza unica. Questo vantaggio intrinseco permette alle aziende italiane di assorbire gli shock tariffari iniziali meglio di alcuni concorrenti. Dovrebbero sfruttare questa posizione concentrandosi sui segmenti premium e rafforzando il valore del loro marchio, piuttosto che impegnarsi in una corsa al ribasso sui prezzi. Ciò consente loro di mantenere la redditività mentre si adattano strategicamente alle nuove realtà commerciali.
Le azioni chiave comprendono:
Analisi e penetrazione di nuovi mercati: Identificare e investire proattivamente in mercati emergenti o in crescita con minori barriere commerciali e domanda stabile.
Rafforzamento della proposta di valore non-prezzo: Per le aziende con prodotti di alta qualità, enfatizzare l'innovazione, il design, il servizio post-vendita e la sostenibilità per giustificare un prezzo più elevato, mitigando l'impatto dei dazi e del cambio sfavorevole.
Revisione delle catene di approvvigionamento e distribuzione: Valutare la possibilità di localizzare parte della produzione o dell'assemblaggio in mercati chiave per aggirare le barriere tariffarie e ridurre i rischi geopolitici.
Partnership strategiche locali: Collaborare con partner locali nei mercati target per navigare le normative, comprendere le preferenze dei consumatori e ridurre i rischi di ingresso.
Investimenti Selettivi e Strategici: Crescere con Cautela
Gli investimenti sono attesi ristagnare nella seconda metà del 2025 a causa della bassa capacità produttiva utilizzata e dell'incertezza, nonostante un potenziale calo dei costi di finanziamento nel 2026. Gli investimenti in macchinari sono particolarmente colpiti. Il PNRR agisce come un catalizzatore settoriale, non come un incentivo generalizzato. Il testo rileva che "costruzioni e investimenti pubblici tengono: la costruzione di infrastrutture (spinta dai fondi europei RRF/PNRR)", il che implica che l'impatto del PNRR è concentrato. Sebbene il PNRR offra un sostegno, i suoi benefici sono specifici per settore. Le imprese al di fuori di questi settori direttamente beneficiari non possono aspettarsi un miglioramento generalizzato. Le loro strategie di investimento devono essere guidate dalla domanda di mercato e dalle esigenze di efficienza interna, piuttosto che fare affidamento su una marea economica generale.
Le azioni chiave includono:
Valutazione rigorosa dei progetti di investimento: Ogni investimento deve essere giustificato da un chiaro ritorno sull'investimento (ROI) e allineato agli obiettivi strategici di lungo termine, con particolare attenzione alla capacità produttiva esistente.
Prioritizzazione degli investimenti in innovazione e digitalizzazione: Questi investimenti possono migliorare l'efficienza, creare nuove opportunità di mercato e rafforzare la competitività, anche in un contesto di domanda debole.
Sfruttare gli investimenti pubblici (PNRR/RRF): Le aziende nei settori delle costruzioni, infrastrutture e ricerca e sviluppo dovrebbero monitorare attivamente e posizionarsi per beneficiare dei fondi PNRR/RRF, che rappresentano una spinta significativa nel 2026.
Flessibilità negli investimenti: Adottare un approccio modulare o incrementale agli investimenti, consentendo aggiustamenti in base all'evoluzione del contesto economico.
Gestione del Capitale Umano e Produttività: Bilanciare Costi e Competitività
Il mercato del lavoro è solido con salari in ripresa, ma le pressioni salariali si modereranno per salvaguardare la competitività. Questo comporta costi del personale in aumento moderato per le imprese. La "moderazione delle pressioni salariali" rappresenta un compromesso tra il potere d'acquisto e la competitività aziendale. Il rapporto afferma che "si prevede che le pressioni salariali si modereranno in futuro, in linea con il calo dell’inflazione e per salvaguardare la competitività delle imprese". Ciò rivela un atto di bilanciamento guidato dalla politica e dal mercato. Mentre l'aumento dei salari inizialmente stimola la spesa dei consumatori, una crescita salariale incontrollata può erodere la competitività aziendale, soprattutto nei settori orientati all'export. Le imprese devono impegnarsi in una pianificazione strategica della retribuzione che si allinei ai guadagni di produttività e alle realtà del mercato, piuttosto che reagire semplicemente all'inflazione. Questo suggerisce anche un potenziale di disordini lavorativi se i salari reali non tengono il passo con le aspettative.
Le azioni chiave comprendono:
Investire nella formazione e riqualificazione: Migliorare le competenze della forza lavoro per aumentare la produttività e l'efficienza, giustificando i costi salariali.
Strategie di retention del talento: In un mercato del lavoro solido, è cruciale trattenere i dipendenti chiave attraverso un ambiente di lavoro positivo, opportunità di crescita e pacchetti retributivi competitivi ma sostenibili.
Ottimizzazione della struttura organizzativa: Valutare la struttura aziendale per eliminare ridondanze e migliorare la collaborazione, massimizzando il valore di ogni unità di lavoro.
Monitoraggio dei costi del personale: Implementare un controllo di gestione rigoroso sui costi del personale, bilanciando la necessità di remunerare adeguatamente i dipendenti con la sostenibilità finanziaria dell'azienda.
Monitoraggio Continuo e Adattabilità: L'Importanza dei Sistemi Predittivi
L'elevata incertezza globale, le tensioni geopolitiche e la volatilità dei mercati finanziari rendono la pianificazione a lungo termine particolarmente difficile. La "volatilità dei mercati azionari" è un sintomo di incertezza sistemica che richiede agilità organizzativa. Il testo rileva "mercati azionari volatili, influenzati dalle notizie geopolitiche e dai dati economici". Questo non riguarda solo i prezzi delle azioni; riflette una profonda incertezza sulla futura stabilità economica e politica. Le imprese devono costruire agilità organizzativa, il che significa disporre di modelli operativi flessibili, catene di approvvigionamento adattabili e una forza lavoro in grado di cambiare rapidamente direzione. I tradizionali cicli di pianificazione annuale rigidi sono insufficienti; il monitoraggio continuo e meccanismi di risposta rapida sono essenziali per navigare in questo ambiente imprevedibile.
Le azioni chiave includono:
Implementazione di sistemi di controllo di gestione agili: Utilizzare strumenti di business intelligence e analytics per monitorare in tempo reale le performance aziendali e i principali indicatori economici.
Sviluppo di scenari multipli: Non basare la pianificazione su un'unica previsione, ma preparare piani d'azione per diversi scenari (ottimistico, base, pessimistico) per aumentare la resilienza.
Revisione periodica dei piani: I piani strategici e operativi devono essere revisionati e aggiornati con maggiore frequenza (ad esempio, trimestrale) per riflettere i rapidi cambiamenti nel contesto economico.
Cultura aziendale orientata all'adattabilità: Promuovere una mentalità proattiva e flessibile all'interno dell'organizzazione, incoraggiando la sperimentazione e l'apprendimento continuo.
Raccomandazioni Conclusive: Trasformare l'Incertezza in Opportunità Attraverso la Proattività
In sintesi, il contesto economico per il 2025-2026, caratterizzato da crescita modesta, incertezza geopolitica, dazi persistenti e un ambiente creditizio prudente, impone una gestione aziendale estremamente attenta e proattiva. Le aziende che usciranno rafforzate da questo periodo saranno quelle che avranno investito nel controllo di gestione, nell'ottimizzazione dei costi, nella diversificazione strategica e in una solida pianificazione finanziaria.
Il controllo di gestione non deve essere visto come un mero adempimento burocratico, ma come il fulcro di ogni decisione strategica. Permette di trasformare i dati in conoscenza e la conoscenza in azione. La pianificazione, in un mondo incerto, non è più un esercizio di previsione infallibile, ma un processo continuo di adattamento e costruzione di scenari. Per gli imprenditori e i CEO italiani, l'adozione di questa mentalità proattiva e analitica non è solo una strategia difensiva, ma un potente vantaggio competitivo che permette di identificare e cogliere opportunità anche in un mercato difficile, garantendo la resilienza e la crescita a lungo termine della propria impresa.
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